Riflessioni

Colloqui fiorentini 2021 - "Segui la tua stella"

marzo 2021

racconto di Sofia Luparello, Giulia Parisi, Caterina Sivori, Beatrice Tiberti e Amie Zamperin (studentesse del Liceo Classico Marconi Delpino di Chiavari) coordinate dalla Prof.ssa Laura Cafferata

Con gioia pubblichiamo il racconto "Segui la tua stella", firmato da Sofia Luparello, Giulia Parisi, Caterina Sivori, Beatrice Tiberti e Amie Zamperin, studentesse del Liceo Classico Marconi Delpino di Chiavari, coordinate dalla Prof. Laura Cafferata. Vincitore del Primo Premio per la sezione Narrativa della XXma edizione del Convegno Concorso nazionale "I Colloqui Fiorentini" che quest’anno è stato dedicato a Dante Alighieri e si è svolto in diretta streaming nelle giornate del 18, 19 e 20 marzo 2021.

COLLOQUI FIORENTINI 2021
racconto: "SEGUI LA TUA STELLA"

<< Tutti i nomi hanno un significato, ci identificano: il mio è Muna, che in arabo vuol dire “desiderio”.
Ai genitori è affidato l’importante compito di scegliere il nostro nome; mia mamma Zahira mi ha chiamata così come augurio di libertà e come “desiderio” di vivere.
Ogni persona associa quindi al proprio nome dei momenti speciali e significativi: “Muna” mi ricorda tutte le giornate estive passate a giocare in giardino con Hadi, il mio migliore amico, il sapore zuccherato dei datteri, le vie affollate di Kabul, i colori e i paesaggi del mio paese, l’Afghanistan. Al contempo, però, “Muna” mi rimanda alla fatica del lungo viaggio che ho affrontato per arrivare in Italia, alla disperazione per l’allontanamento dalla mia famiglia e alla paura di non farcela. >>
I miei studenti mi guardarono con aria interrogativa, chiedendosi probabilmente cosa c’entrasse tutto ciò con Dante.
<< Molti non si rendono conto di quanto Dante, pur essendo vissuto nel 1200, sia molto attuale >> proseguii, << Nella Divina Commedia, Dante ci parla di un viaggio importantissimo dall’Inferno al Paradiso, un viaggio che ha cambiato per sempre la sua vita e il suo approccio verso il mondo. Penso che Dante sia il paladino di tutti i viaggiatori e gli avventurieri, il più contemporaneo tra i poeti. Anche io, come Dante, ho fatto un viaggio: ho attraversato un Inferno e un Purgatorio con l’aiuto del mio Virgilio, sono arrivata in un Paradiso grazie alla mia Beatrice. La mia avventura non è iniziata però “nel mezzo del cammin di nostra vita” ,ma quando avevo solo otto anni con lo scoppiare della guerra civile in Afghanistan, un conflitto tuttora in corso. >>
Ho sempre pensato all’idea di presentare il viaggio di Dante in questo modo, attraverso l’esperienza che ho vissuto, così da quest’anno ho deciso di farlo.
Oggi insegno al liceo “Federico Delpino” di Roma: insegnare è sempre stato il mio sogno e quando nel 1983 sono arrivata finalmente in Italia ho fatto di tutto per poterlo realizzare.
Nonostante le difficoltà sono riuscita a laurearmi in lettere e ho iniziato a lavorare poco dopo.
<< Mia mamma Zahira>> dissi ai ragazzi << si rese subito conto che la situazione in Afghanistan stava precipitando: un colpo di stato nel 1973 aveva messo fine alla monarchia e pochi anni dopo erano iniziati i conflitti.
Io allora ero solo una bambina ma sentivo la tensione nell’aria e vedevo la paura nascosta nei sorrisi di mia mamma.
Anche le gite e i giochi insieme al mio migliore amico Hadi non avevano più la stessa allegria di una volta, eravamo più taciturni e lui era sempre all’erta, come se fossimo in pericolo.
Nel giro di pochi mesi tutti i miei amici e conoscenti scapparono dall’Afghanistan, ma io non ci avevo mai dato troppo peso, fino a quando Hadi un giorno non mancò al nostro solito appuntamento pomeridiano, e così anche il giorno dopo.
Io ero preoccupata e quando andai a casa sua la trovai completamente vuota: in quel momento capii che era partito.
Mi ricordo benissimo la mattina di maggio in cui abbiamo lasciato Kabul, mia mamma mi svegliò improvvisamente all’alba e mi disse di vestirmi senza dare alcuna spiegazione.
Ci dirigemmo verso la fermata dell’autobus diretto in Iran.
Durante il viaggio iniziai a pensare alla vita che stavo lasciando e a quella che stavo per iniziare in un nuovo paese; ero spaventata e ancora adesso quando lo racconto “nel pensier si rinova la paura”.
Dante mentre cerca di salire sul colle del Purgatorio incontra tre fiere: la lonza, il leone e la lupa, rispettivamente lussuria, superbia e cupidigia. Soltanto una gli impedisce di proseguire, la lupa. Nel mio viaggio la paragono ad Aarif, l’uomo che più di tutti ci ostacolò nel viaggio, imponendoci una tariffa troppo alta per imbarcarci. A salvarmi dai numerosi scontri con questi uomini malvagi fu sempre mia mamma,che fu per me madre, guida e maestra.
Lei mi è stata sempre accanto accompagnandomi nei momenti di difficoltà, stringendomi vicino al suo petto e dandomi la forza di sognare il futuro che ho costruito duramente fino ad oggi.
Nonostante tutte le avversità siamo riuscite finalmente a procurarci un mezzo per attraversare il mar Mediterraneo e arrivare in quella che speravo sarebbe diventata la mia nuova casa, un posto più sicuro dove non temere per la mia vita ogni giorno.
Il viaggio che ho affrontato è stata l’avventura più difficile di tutta la mia vita: il tempo non passava mai, non riuscivo quasi a respirare quell’aria marina che sembrava fuoco. Le giornate erano sempre uguali, piene di urla e pianti di bambini; il clima era terribile e le persone disperate.
Era tutto come un mondo lontano dalla terra in cui noi, povere anime, eravamo destinate a subire pene sempre più dolorose, partendo dai vestiti sempre bagnati fino ad arrivare a dover sopportare la fame e la sete. Se sono riuscita a superare quei giorni tanto orribili lo devo solamente alla mia mamma che ,grazie a un semplice abbraccio o sguardo, è riuscita a trasmettermi la forza e fede che mi hanno permesso di andare avanti.
<< Prof scusi, posso sapere se lei o sua madre avevate stretto qualche rapporto con le persone che erano con voi nel barcone, eravate in tanti? >>
Con questa domanda riaffiorano sicuramente ricordi indelebili, storie di compagni di viaggio che sento sulla mia pelle quasi le avessi tatuate una ad una.
Queste persone si sono aperte con me, mi hanno raccontato le loro vite, i loro errori e le decisioni che le hanno portate a salire su questo barcone mettendo da parte la paura, e trovando nella speranza di un futuro migliore un’ancora effettiva a cui aggrapparsi ogni volta che il mare diventava più mosso.
Sul barcone eravamo in trentanove, schiacciati come sardine.
L’acqua salata del mare si mescolava alla benzina del motore, ustionandoci la pelle.
Mia mamma mi teneva in braccio così io non mi bagnavo più di tanto e mi raccontava i mille progetti che aveva per la nostra “Vita Nova”.
Nonostante i suoi tentativi di rasserenarmi, cominciai a piangere, consapevole del fatto che non sarei più tornata a casa.
Un traghettatore spazientito dai miei singhiozzi mi zittì bruscamente e mi disse di non fare troppe storie.
Io impaurita obbedii: era un uomo molto violento, che aveva già picchiato altre persone a bordo.
La descrizione che fa Dante di Caronte nel canto III dell’Inferno è incredibilmente somigliante al mio traghettatore: un vero e proprio demonio senza scrupoli, con “occhi di bragia” che incutevano timore solo a guardarli.
Eravamo divisi in nove aree: c’erano persone povere che, avendo pagato di meno, prendevano posto in aree più basse e persone che erano riuscite a trovare posti più riparati pagando di più.
Quando il mare era magnanimo e lo permetteva, io e mia madre passavamo le giornate ad ascoltare le storie dei nostri compagni di viaggio.
Era come scappare con la mente da quell’Inferno e trovarsi altrove, in case piene di fratelli e sorelle o in giardini dove le famiglie si riunivano.
Tutti questi poveri avventurieri erano condannati a un inferno ingiusto.
Mariam e Faris, due innamorati di soli vent’anni, scappavano non solo dalla guerra ma anche da Rashid, un uomo crudele sposato con Mariam per interessi economici.
Poiché Rashid voleva vendicarsi del tradimento, i due giovani non potevano più restare nel loro paese.
L’amore, come una tempesta, li aveva sconvolti e il vento di questa bufera continuava a travolgere le loro vite.
Se volessi raccontarvi perfettamente a parole le sensazioni e le emozioni che provai nel vedere quella spiaggia non riuscirei a spiegarvele.
Il momento dell’approdo a Lampedusa è racchiuso in un mio personale scrigno di emozioni indescrivibili, che porterò nel mio bagaglio di vita per sempre; la sensazione di posare i piedi di nuovo sulla terra fu come risvegliarmi da un incubo circondato solo da quel mare che a tratti sembrava fuoco, pronto ad ardere ogni nostra anima.
Nella mia testa il mio unico pensiero era di capire dove fossi finita, e mia madre dopo aver parlato con un uomo, tornò da me , mi prese in braccio e disse: “ Siamo a Trapani amore, dovremo fare ancora un piccolo viaggio a piedi per arrivare a Messina e prendere l’ultimo barcone per raggiungere finalmente la nostra nuova casa.”
Il viaggio non è stato tanto breve quanto ci aspettavamo; infatti in 15 giorni attraversammo ben 7 città e arrivammo a destinazione con le scarpe consumate e i piedi doloranti.
Ricordo ancora bene le città per cui passammo: Trapani, Palermo, Agrigento, Enna, Catania, Milazzo e finalmente Messina.
Una volta arrivati a Messina arrivò un momento di smarrimento per me: nel barcone già più affollatto del previsto c’era posto solamente per una di noi.
Mia madre così mi strinse forte con un abbraccio che mi sembrava più che mai un addio; lei continuava a ripetermi che un giorno ci saremmo riviste, e io quasi ci avevo creduto.
Il nostro allontanamento è stato doloroso, ma ho ritrovato quella forza che mi ha sempre trasmesso mia madre nel desiderio e nella speranza di una vita migliore.
Allora piangendo, saltai da sola sul secondo barcone per raggiungere Reggio Calabria.
Attraversammo il mio personale “muro di fiamme” dantesco: lo stretto di Messina.
Quel secondo viaggio fu forse più difficile del primo, ricordo la stanchezza, l’estenuante attesa di giungere a destinazione e il caldo soffocante.
Eravamo così stipati che l’aria sembrava essere bollente , e io, ormai esausta, svenni.
“Sì com' fui dentro, in un bogliente vetro gittato mi sarei per rinfrescarmi, tant'era ivi lo 'ncendio sanza metro…”
Quando mi svegliai, e i miei piedi toccarono la sabbia umida, mi avvolse un senso di felicità: eravamo finalmente arrivati.
All’improvviso tutti i dolori e le preoccupazioni scomparvero, non riuscivo a pensare ad altro che alla libertà per cui avevo tanto lottato.
Grazie all’aiuto di tante persone che mi offrirono un passaggio riuscii solo con le mie forze a raggiungere Roma in pochi giorni.
<< Scusi prof, ma perché proprio Roma? >>.
Sorrisi. << E’ stato il mio cuore a portarmi in questa città: Hadi infatti un giorno mi aveva mostrato una foto di Roma dal suo libro di scuola promettendomi che una volta cresciuti saremmo andati a vivere insieme.
Una volta arrivata a Roma, non fu facile rintracciarlo, ma ci riuscii grazie all’aiuto di un assistente sociale che mi era stato affiancato dal comune.
Da quel momento ebbe inizio il mio Paradiso.